Quanti pensano che il syrtaki sia il ballo tradizionale greco? E quanti identificano la Grecia con il buzuki?
Per sfatare questi luoghi comuni, Michele Cortese ha scritto questo lungo e approfondito articolo che illustra la storia del rebetiko.
L’autore si è basato sui libri di Elias Petròpulos, un antropologo greco che studiò il rebetiko e l’universo di coloro che vivevano ai margini della società.
Nel ripercorrere la storia del rebetiko, Michele Cortese descrive varie figure sociali che hanno avuto un ruolo fondamentale nelle canzoni rebetike, come ad esempio i kutsavàkides di Atene, i kapandaìdes delle grandi città costiere dell’Impero Ottomano, i zeibèkides, i manghes che parlavano un gergo in cui erano presenti parole ereditate dal turco, dall’albanese o dal veneziano.
E nel raccontare l’evoluzione del rebetiko, l’autore ci porta nei tekès, che erano i monasteri dei dervisci ma nel gergo turco la parola indicava un piccolo locale o una casa dove si fumava l’hashish con i narghilè, nelle piccole e umili taverne di quartiere e infine nei locali moderni che potevano ospitare intere orchestre.
Nel corso di questo racconto emerge uno spaccato della società greca che appare molto più complessa di quanto alcune semplificazioni romantiche vogliono suggerire.
L’articolo è corredato da immagini, citazioni letterarie e link a brani disponibili online.
Di rebetiko, Petròpulos, manghes e buzuki (parte I)
Di rebetiko, Petròpulos, manghes e buzuki (parte II)
Di Elias Petròpulos c’è questo titolo in italiano:
REBETIKO. Vita, musica, danza tra carcere e fumi dell’hashish.
Autoproduzioni Nautilus, 2013